martedì 13 agosto 2019

IL RISVEGLIO DEGLI ANTICHI ...

LA CIVILTA’ DIMENTICATA DAL TEMPO. di Marco Zagni. Nel 1998 ero stato il primo italiano a raggiungere sulle Ande del Perù Centrale lo straordinario Altopiano di Marcahuasi, meraviglioso affresco roccioso del Sud America, i cui misteri preistorici vennero in seguito da me descritti nel saggio “L’impero Amazzonico” (Ed. Mir, Firenze 2002). Le enormi strutture a forma umana e di animali, abbozzate sulle rocce dell’Altipiano da un’antichissima civiltà sconosciuta, mi avevano impressionato e colpito, tanto da voler approfondire la faccenda. Avendo scattato diverse fotografie di queste strutture “organiche”, così chiamate dal primo scopritore dell’Altipiano posto a 4000 metri sulle Ande, il dottor Daniel Ruzo nel 1952, cercavo delle conferme geologiche sulla plausibilità che gli esecutori di questi notevoli “affreschi” megalitici potessero appartenere, a quanto si diceva in Perù, addirittura a un’epoca antidiluviana. Tramite una mia conoscente scrittrice, L. Bat Adam (autrice in seguito del libro Esodo, Robin Edizioni, Roma 2010), entrai in contatto nella primavera del 2000 con il prof. Floriano Villa, un Geologo molto famoso (deceduto poi nel 2014), discepolo del professor Ardito Desio, di cui tutti hanno sempre ammirato le numerose gesta in giro per il Mondo e soprattutto sull’Himalaya negli Anni Cinquanta, con la conquista del K2. Lui era stato il promotore di questa grande conquista italiana e della costruzione del famoso campo base dell’Everest a 5000 metri di altitudine, successivamente. Il professor Villa mi prese sin da subito in simpatia e cominciammo a frequentarci, in modo discreto, nel corso di alcuni anni, per raccontarci le nostre impressioni sui misteri preistorici e geologici del passato. Dopo aver esaminato le varie foto che avevo portato da Marcahuasi in Perù, egli non si stupiva affatto di doversi trovare di fronte a resti di una cultura molto antica: lui stesso aveva avuto delle esperienze analoghe negli Anni Sessanta, sia singolarmente a Nizza, che al seguito di ricerche sulle Prealpi e nella Pianura Padana, svolte principalmente insieme da un Ingegnere che aveva avuto una certa notorietà nello stesso periodo grazie alla rivista “la Domenica del Corriere” e allo stesso quotidiano “Corriere della Sera”: l’Ingegner Alessandro Porro (1908 - 1976). L’Ingegner Porro aveva realizzato uno strano apparecchio, una specie di Georadar “ante litteram”, che rivelava cosa si poteva trovare nel nostro sottosuolo, anche in profondità, e lo aveva chiamato “Rabdomante Elettronico”. Porro era giunto in Italia nei primi Anni Sessanta dopo aver vissuto per anni in Brasile (San Paolo), per far conoscere anche nel nostro Paese questo suo apparecchio per la rilevazione sotterranea, chiamato “Rabdomante Elettronico” appunto, anche se il termine corretto sarebbe “Frequenziometro per la Spettroscopia molecolare”, strumento che già da tempo gli aveva procurato in Brasile diverse soddisfazioni nel campo degli scavi per delle costruzioni edili. Nel corso di successive ricerche in Val Padana, in Centro Italia e in Svizzera, il suo apparecchio aveva rivelato l’esistenza di un’Italia perduta, nascosta, antidiluviana, che aveva sviluppato una antica civiltà ancor prima della fine dell’ultima Era Glaciale, chiamata Tirrenide. Queste notizie, in un primo tempo in forma molto contenuta, erano state divulgate dal giornalista Mario Miniaci (deceduto nel 2009) con alcuni articoli apparsi sulla “Domenica del Corriere” nel 1963 e nel 1965. Ancora oggi non vi è completa certezza sulla vera origine dell’apparecchio: il prof. Villa mi disse di essere abbastanza sicuro che questo rilevatore “elettronico” (di misteriose onde provenienti principalmente dal sottosuolo, chiamate dall’Ingegnere neutroonde) derivasse in realtà da un precedente modello chiamato “Rabdomante Meccanico” ideato dal padre dell’Ingegner Porro, il famoso Geologo Cesare Porro, conosciuto in tutto il Mondo per le sue capacità ed il suo lavoro, deceduto poi nel 1940. Diversi anni dopo, nel 2007, in una spedizione in Bolivia, venni a sapere del ritrovamento di un apparecchio rabdomantico, di tipo meccanico, nascosto tra i vari reperti dei sotterranei del Museo di la Paz, la Capitale boliviana. Questo apparecchio, del 1935, era servito all’Ingegner Arthur Posnansky e ad un suo amico, l’esploratore tedesco Edmund Kiss (che divenne in seguito membro di una società di ricerca archeologica nel Terzo Reich, la Ahnenerbe, che significa “Eredità degli Antenati”), negli Anni Trenta per sondare la presenza di camere, tombe e templi sotterranei nella città pre-incaica di Tiahuanaco, dove tra le altre cose io stesso mi ero recato accompagnando il Gruppo internazionale di ricerca “Akakor”, guidato dal lecchese Lorenzo Epis e da sua moglie, la brasiliana Soraya Ayub. Tornando al nostro caso specifico, nel 1963, ormai in Italia, Alessandro Porro era stato chiamato dalla Soprintendenza alle Antichità della Milano di allora (Dottor Mirabella Roberti) per far ispezionare con l’apparecchio rabdomantico i sotterranei del Duomo di Milano e far disegnare su una mappa i resti della zona Sud dell’antica Basilica di Santa Tecla, a causa degli invasivi lavori della Metropolitana Linea 1 (Rossa) allora in costruzione, che avrebbero potuto creare dei problemi a questi resti archeologici. Incarico che l’Ing. Porro svolse perfettamente. Proprio in quel periodo Porro conobbe il giornalista del “Corriere della Sera” Mario Miniaci, il quale in seguito seguì le ricerche sotterranee dell’Ingegnere e del prof. Villa per quasi dieci anni. L’apparecchio cominciò però ben presto a svelare una storia antichissima, incredibile, avvenuta sul nostro pianeta milioni di anni or sono e che dovette, allora per forza di cose, essere mantenuta segreta. Cosa era successo? Questo: secondo l’Ingegner Porro, lo strumento funzionava “troppo” bene, poteva “vedere” e sondare rabdomanticamente sino a 800-1000 metri di profondità, una cosa impossibile anche per i nostri attuali “geo-radar”, rivelando così un incredibile trascorso preistorico per la nostra Italia, per l’Europa ed il Mondo intero. Tracce di una “Umanità” di decine di milioni di anni fa, in epoca Eocenica, tracce di sconvolgimenti geologici tremendi, di “Guerre fra mondi”, di declino culturale e di nuove “Umanità”. I risultati delle ricerche, annotati in forma di Diario dal giornalista Miniaci, erano impressionanti: si trattava dei resti, delle vestigia di una specie intelligente pre-umana, tecnologicamente molto avanzata che era vissuta sulla Terra probabilmente in un periodo compreso dai 50 ai 30 milioni di anni fa (Periodo Eocenico). Sostanzialmente, la nostra società attuale è L’Ultima Civiltà in ordine di tempo, ma vi erano state altre precedenti, favolose civiltà, che sono state chiamate civiltà degli Antichi, o Eocenici, dal gruppo di ricerca, e ve ne saranno in futuro molte altre… E sempre sarà così, sino alla fine fisica del nostro Pianeta quando, tra cinque miliardi di anni, il nostro attuale Sole, mutatosi in Stella gigante, ci divorerà, letteralmente. Grazie alla famiglia di Mario Miniaci e alla signora Luciana Petruccelli (purtroppo deceduta pochi anni or sono), che seguì queste ricerche già da allora, sono riuscito in tutti questi anni a raccogliere molto materiale inedito, mai pubblicato, su questo unico, incredibile periodo della ricerca preistorica del nostro sottosuolo che, grazie a questo apparecchio rabdomantico, ha rivelato la presenza di una civiltà di tipo industrializzato nel nostro Paese e nel Mondo da tempi immemorabili. Con l’aiuto di alcuni amici ricercatori (Diego Marin, Andrea Lontani, Loris Bagnara) ho analizzato tutto questo materiale e nel giro di qualche anno insieme, sotto la sigla di Rabdo Team, abbiamo pubblicato ora un saggio dal titolo Il Risveglio degli Antichi (Graal Edizioni – www.graaledizioni.com) reperibile su internet in formato e-book e cartaceo in print on demand (Amazon.it). La cosa impressionante, per il rapporto incredibile di sincronicità che si è creato, è stato il fatto che, in concomitanza dell’uscita di questo saggio, basato su un lavoro di ricerca di questo gruppo di studiosi negli Anni Sessanta (quindi 50 anni or sono e più) è apparso sulla rivista Scientific American del 23 aprile 2018 il risultato di una ricerca scientifica che sostiene che il periodo più probabile nella Storia della Terra in cui può essere comparsa una civiltà tecnologica pari o superiore alla nostra attuale presente è proprio il periodo dell’Eocene (50/30 milioni di Anni fa). Il titolo di questo studio è: E’ esistita una civiltà industriale pre-umana sulla Terra? (vedi sito www.lescienze.it) Noi sinceramente, dopo tutto quello che abbiamo analizzato, pensiamo proprio di sì. Bibliografia: Anna e Pietro Porro, Vita di Cesare Porro geologo, Cariplo-Laterza, Milano 1985; Marco Zagni, L’Impero Amazzonico, Mir, Firenze 2002; Maurizio Martinelli, Apu-An il ritorno del Sole Alato, Verdechiaro edizioni, Reggio Emilia 2011. Zam Bhotiva (a cura di Gianfranco de Turris e Marco Zagni), Asia Mysteriosa, Arkeios,Roma 2013; Marco Zagni, Il Fascio e la Runa, Mursia Milano 2015. Rabdo Team, Il Risveglio degli Antichi, Graal Edizioni, Faenza 2018.