lunedì 5 febbraio 2018

ANTICHI CINESI IN AMERICA

I CINESI IN AMERICA Era il 1921 quando sul numero di Agosto della rivista di Città del Messico “ The Mexican Review “, foglio nato espressamente per i residenti nella capitale messicana che erano di madre lingua inglese, appariva una importantissima notizia: “ Cinesi preistorici in Messico – le prove definitive che cinesi di razza mongolica abitavano un tempo in Messico. Gli archeologi finalmente risolvono un problema interessante. Il prof. William Niven, che ha fatto importanti ricerche e scoperte sulle razze preistoriche del Messico …”( e seguiva fotografia con tutto l’articolo ) . Ma chi era il professor William Niven, e soprattutto, ma quando in realtà razze asiatiche, mongoliche e cinesi avevano realmente raggiunto il Nuovo Mondo? E poi, era tutto vero, o piuttosto era il solito annuncio a sensazione senza alcun costrutto? Dobbiamo andare con ordine , per far capire meglio tutta la questione ai nostri lettori. Intanto, prima di tutto, bisognerebbe distinguere l’arrivo di etnie mongoliche in America dall’Asia in tempi preistorici ( cioè durante l’ultima glaciazione di Wisconsin Wurm ) dal presunto sopraggiungere di spedizioni marittime dell’Impero Cinese sulle coste Americane in tempi storici ( diamo per scontato che chi ci legge sappia quale sia la grande differenza tra le due questioni perché non è solo un problema di ordine temporale, la grande barriera di divisione dell’approccio analitico di studio rimane ancora la capacità o meno di avere documenti storici scritti, o quanto meno pittografie o ideogrammi analoghi ad una forma di scrittura ). Per quanto riguarda il primo punto, sappiamo bene che il problema è stato risolto già da parecchio tempo: popolazioni asiatiche nomadi – cacciatori per lo più- , attraverso la via di Bering , che allora era collegata come un ponte al Nord America per via dell’abbassamento delle acque con l’Era Glaciale, arrivarono a colonizzare 10.000 anni fa il Nuovo Mondo : sono gli antenati dei nativi americani sia del Nord che del Sud America , anche se da tempo si dibatte con forza sul possibile “ arretramento” di questa datazione almeno a 35.000 anni fa ,dati gli ultimi ritrovamenti e/o al contemporaneo sopraggiungere di popolazioni preistoriche in America provenienti dall’Europa – sono argomenti molto dibattuti ma che, per il momento, esulano un poco dagli obiettivi di questo articolo. Veniamo invece a quello che più ci interessa, per ora, e cioè all’arrivo di spedizioni marinare in America provenienti dall’antica Cina ( Zhongguo , in cinese, che significa la Terra di Mezzo ). Cosa sappiamo di tutto questo? Ci sono delle prove concrete? Faremo un piccolo riassunto di quello che sappiamo. Partendo da un’epoca pre-cristiana diversi studiosi puntano il dito su un antico scritto cinese, che viene considerato il più antico trattato geografico della storia . Non si sa esattamente quando fu scritto , c’è chi dice che può avere quasi 4000 anni , altri poco più che 2000 ( la scrittura cinese , in realtà e nonostante tutto, non si è molto alterata nello scorrere dei millenni – tanto è vero che oggi molti linguisti sostengono che, per fare un paragone, è come se gli egiziani a tutt’oggi usassero ancora per scrivere i loro vecchi geroglifici !! ), ma una cosa è certa : questo testo sfuggì miracolosamente ad uno dei più famosi ed antichi “ roghi di libri “ conosciuti nella storia e cioè a quello decretato dall’imperatore Qing Xi Huang Dì intorno al 210 avanti Cristo : Huang Dì si considerava il primo vero imperatore cinese, dopo le varie enormi annessioni territoriali che gli Han avevano acquisito a spese di altri regni cinesi presenti nel 3° secolo avanti Cristo. In realtà aveva una bella faccia tosta nel considerarsi tale , ed anche una bella supponenza , dato che Regni Cinesi esistevano già allora da circa 2000 anni. In ogni caso questo folle rogo di libri, sia di letteratura che scientifici, fu giustificato con il tentativo di armonizzare i vari dialetti cinesi esistenti , delle vere e proprie lingue diverse, con il cinese mandarino degli Han : non ci sono invece parole per definire quello che fu in realtà una distruzione culturale di portata incalcolabile. Di fatto alcuni testi vennero nascosti e salvati ( vennero ritrovati ai tempi nostri da una missione archeologica occidentale a Dunuang nel 1908 ) : tra questi il testo che più ci interessa , dal titolo Shan Hai Jing – il Trattato regio dei Monti e dei Mari -. E a partire da questo momento il nostro discorso sale moltissimo. Indipendentemente dal fatto che- ormai è stato accettato scientificamente- che i cinesi, per quanto se ne sa, furono i primi al mondo a dotarsi di un sistema cartografico basato sulle latitudini e longitudini – ovviamente diverso dal nostro attuale – il Libro dei Monti e dei Mari ( ne esiste anche una versione tradotta in italiano – vedi in bibliografia ) è un vero e proprio trattato di geografia antichissimo . Composto da 18 libri –capitoli e da circa 31.000 caratteri pre-Han viene considerata l’opera più misteriosa di tutta la letteratura antica cinese. Gli studiosi più accreditati , esclusa l’ipotesi che tale testo geografico possa essere stato scritto sotto il regno mitico dell’imperatore YU il Grande ( 3° millennio avanti Cristo ) sono concordi nel ritenere che, così come ci è giunto nella sua forma attuale, sia stato composto nel 4° secolo avanti Cristo. I problemi invece sorgono quando si è tentato di dare una corrispondenza delle descrizioni geografiche descritte con la realtà. In effetti , e basta dare anche un’occhiata all’edizione italiana per rendersene conto, per esempio tutta la terza parte del trattato ( il Dahuang Jing – il Trattato dei Paesi Orientali d’oltremare ) , salta subito all’occhio che descrizioni di fiumi , paesi ed abitanti “ d’oltremare “ hanno ben poco a che fare con le generali descrizioni di un usuale ambiente cinese. Come invece diversi studiosi hanno azzardato : “ queste sezioni descrivono in dettaglio la topografia del Nord-America centro Occidentale…notevole nel quattordicesimo libro < che fa parte della terza parte > la descrizione di un luminoso grande canyon e di un corso d’acqua che scorre in una gola senza fondo nel luogo dove nasce il sole…chi ha visto un’alba nel Gran Canyon del Colorado sa che cosa volevano dire questi antichi cartografi cinesi “. Per essere più chiari ,diversi geografi contemporanei sostengono che i capitoli 4, 9, 14, 15, 16,17 ,18 dello Shan Hai Jing sono un mistero geografico assoluto, dove è abbastanza facile comprendere che in questo trattato i territori d’oltremare dell’antico impero cinese corrispondono agli attuali Colorado , all’Alaska, allo stato di Washington, all’Oregon, alla California, al Messico Occidentale. E’ quindi plausibile ipotizzare che già almeno qualche secolo prima dell’era cristiana erano state organizzate delle spedizioni scientifico marittime da parte dei Regni Cinesi che, avventurandosi nell’Oceano Pacifico, erano riusciti ad attraversarlo per raggiungere ed esplorare ampie zone degli attuali Canada , Stati Uniti e Messico. E’ a questo punto che prendono pertanto corpo le ricerche oggi quasi dimenticate ( anni ’10 e ’20 del Novecento ) dello scienziato di origine scozzese William Niven ( 1850- 1937 ) . William Niven era nato in Scozia il 6 ottobre del 1850. Dopo studi in mineralogia, geologia ed archeologia aveva ottenuto a partire dall’inizio del 1880 delle commissioni di lavoro come esperto di minerali negli Stati Uniti . Era il periodo quello della prima grande espansione industriale e strutturale degli USA, e scienziati, ingegneri , geologi e chimici erano richiesti in tutto il mondo , e moltissimi si trasferivano là, negli Stati Uniti ed in Messico, per sempre. Niven si sposò nel 1886 a St. Louis nel Missouri ma le continue ricerche da parte delle società minerarie lo portarono a compiere molti sforzi e lavori in Texas, dove viene ancora oggi ricordato come un mineralogista molto capace , scopritore di alcuni tipi di minerali mai conosciuti ( per esempio la Nivenite , una varietà dell’Uranite ). Infatti l’unica biografia che sia mai stata scritta su Niven viene pubblicata in Texas ( vedi note bibliografiche ). Per quanto ci riguarda però, è l’esperienza messicana di lavoro di Niven l’argomento che più ci interessa . Negli anni ’90 dell’Ottocento diverse società minerarie USA si erano spostate in Messico per compiere le loro ricerche e William Niven era uno dei loro tecnici di punta. E’ in questo periodo che, come si suol dire, saltò fuori il lato investigativo ed archeologico di Niven perché nelle zone di ricerca intorno al perimetro di città del Messico ( per circa un raggio di circa 100 chilometri ) in fondo agli scavi minerari Niven continuava ad imbattersi in resti archeologici precolombiani se non addirittura in veri propri resti preistorici di migliaia di anni prima. Con il tempo Niven si stava sempre più trasformando in un cercatore di reperti archeologici e, nel periodo tra il 1910 ed i primi anni ’20 del Novecento si trasferì stabilmente a Città del Messico dove aprì un vero e proprio museo/negozio di Reperti prestorici e precolombiani , di cui gran parte si trova ancora oggi nel museo archeologico della città messica di Tampico. Come apparve lampante anche allora, al di fuori delle famose Tavolette di Niven, misteriose tavolette – circa 2.500 in pietra – la cui origine è ancora sconosciuta e che furono illustrate dallo scrittore James Churchward nel suo libro sull’antica civiltà prestorica di MU per dimostrare che effettivamente era esistito un antico continente civilizzato nel pacifico di 50.000 anni fa !- diversi dei reperti trovati da Niven nelle sue campagne di scavo furono riconosciute già allora dalle stesse autorità cinesi come reperti cinesi frutto di resti di spedizioni scientifiche compiute in America dal Celeste Impero durante la dinastia Shang ( 2° millennio avanti Cristo ) ed in altre spedizioni del 6° secolo avanti Cristo. Naturalmente , durante tutti questi anni che sono passati , notizie così scomode di questo genere, tali da suscitare un autentico pandemonio negli ambienti archeologici e accademici ufficiali, sono praticamente rimaste sotto silenzio, davano probabilmente fastidio a qualcuno, e dei reperti cinesi trovati da Niven non se ne è più parlato ( Niven morì nel 1937 ), mentre grande subbuglio, in gran parte denigratorio hanno sempre suscitato le famose tavolette sconosciute da lui trovate , perché associate al fantomatico e perduto continente di MU immaginato da James Churchward. Invece proprio nel testo di Churchward Mu, il continente perduto appaiono illustrazioni che riguardano i reperti trovati da Niven i quali sono nel modo più lampante come dei Bronzi della dinastia Shang riconoscibilissimi anche ad un sinologo alle prime armi nella sua materia, come chi scrive si considera . Ma, siccome il testo di Churchward viene considerato poco più di una opera immaginaria, questo importante spunto non è mai stato considerato o preso nel suo esatto significato. Ora i tempi sono un poco cambiati e certe ipotesi considerate come impossibili solo fino a poco tempo fa, rientrano maggiormente nel campo del probabile : è di poco tempo fa la pubblicazione di una saggio di Gavin Menzies “ la Cina scopre l’America –1421 “ in cui quanto meno si sostiene che una spedizione cinese passò per il Sud America 70 anni prima della spedizione di Colombo. Al comando del leggendario ammiraglio Zheng He una flotta composta da più di cento navi lasciò la Cina nel febbraio del 1421 , per attraversare l’Oceano Indiano, attraversare il capo di Buona Speranza ed esplorare le coste Sud Americane e quelle dell’Australia. A bordo c’era un gruppo di esperti cartografi che doveva disegnare una mappa dettagliata delle zone toccate da questo incredibile viaggio. In realtà , per tutto quanto abbiamo scritto fino ad ora, questa avventura cinese era stata solo l’ultima di tutta un’altra serie di “ credibili “ avventure che erano state compiute nell’arco di tutta la plurimillenaria storia dell’Impero cinese. Il problema è riuscire a capire fino a che punto queste spedizioni interessino o abbiano già interessato i nostri storici: al momento molto poco, per come ne abbiamo avuto impressione. Invece ricerche del genere, con tutte le difficoltà che comportano, prima tra tutte l’interpretazione linguistica di pari passo con quella dei reperti trovati in America, sono molto appassionanti e dovrebbero essere incoraggiate , così da recuperare un po’ di quell’antico spirito che aleggiava tra le azioni di chi per primo valutò queste possibilità , come nel caso di William Niven, di pari passo con lo spirito avventuroso di questi coraggiosi antichi esploratori/viaggiatori cinesi. Siamo certi che prima o poi dovremo senz’altro riscrivere definitivamente la storia della scoperta e dell’esplorazione del Nuovo Mondo. Note bibliografiche Gavin Menzies – 1421 la Cina scopre l’America , Carocci ed. Roma, 2002. Edi Bozza – Miti della Cina arcaica , Oscar Mondadori , Milano, 1992. R. Wicks & R. Harrison – Buried Cities, forgotten Gods ( biografia di William Niven ), Texas Tech University Press, USA, 1999. James Churchward – Mu il Continente perduto, Sugarco ed., Milano, 1978. Riccardo Fracasso – Libro dei Monti e dei Mari, Marsilio ed. Venezia, 1996. Rene Noorbergen – I segreti delle antiche razze, SIAD ed. Milano, 1978.